La Sala Toschi
Il soffitto ligneo della vasta sala, adorno di un fregio neomanierista, risale all’epoca del governo del duca Carlo III di Borbone (1849-1854), che destinò questa stanza a Salon de Compagnie dei suoi appartamenti, in realtà mai abitati a seguito della sua morte violenta.
Vi sono raccolte numerose opere del grande incisore Paolo Toschi (1788-1854), protagonista della vita artistica parmense nella prima metà dell’Ottocento. Già allievo a Parma di Biagio Martini, nel 1809 il giovane Toschi si trasferì a Parigi con l’amico e futuro cognato Antonio Isac per perfezionarsi nelle tecniche incisorie di bulino e acquaforte. Nella capitale francese conobbe e frequentò, tra gli altri, Ingres, Prud’hon, Gérard; partecipò inoltre, a fianco di Antonio Canova, alle complesse operazioni di recupero dei dipinti parmensi trafugati da Napoleone. Rientrato a Parma nel 1819, insieme a Isac diede vita a una scuola d’incisione ospitata nella casa del suocero Bartolomeo Rigo. Nel 1820 la duchessa gli offrì la direzione delle Gallerie e Scuole dell’Accademia, prestigioso incarico che manterrà fino alla morte, mostrandosi instancabile promotore delle arti e mantenendo rapporti epistolari e commerciali con tutta Europa.
Particolare attenzione meritano le due rare lastre in rame con relative stampe de Il testamento di Eudamida, da Poussin, e La Madonna del S. Girolamo, da Correggio. Oltre alle incisioni, si possono ammirare vari disegni e acquerelli di Toschi, molti dei quali sono ritratti di amici e parenti ricchi di suggestioni romantiche, certo assorbite attraverso i contatti con la fucina artistica milanese; e proprio il milanese Molteni è autore del grande ritratto di Toschi esposto sopra una delle porte. Non mancano le opere di alcuni dei suoi allievi principali, come Raimondi, Dalcò, Callegari e Bigola, accanto a quelle di altri artisti parmensi, tra cui Drugman, Boccaccio, Carmignani e Pasini; nei tavoli trovano posto una raccolta di miniature di epoche diverse, i ritratti dei membri della famiglia del duca Carlo III di Borbone e un prezioso esemplare del Cimelio tipografico e pittorico di Giambattista Bodoni.
Una piccola vetrina ospita alcuni dagherrotipi, lastre di rame argentato che costituiscono i primi esempi di fotografia: uno di essi raffigura la duchessa Maria Luigia poco prima della morte, mentre un altro consegna le sembianze di Carlo III.